lunedì 1 giugno 2020

Quale normalità? Il mondo prima del COVID-19 non era per niente normale




Si parla di ritorno alla normalità, ma cosa intendiamo per normalità?
La pandemia ha evidenziato drammaticamente le criticità di un sistema mondiale inadeguato, un sistema mai così vicino al collasso.

L'intero pianeta, salvo pochissime eccezioni, un giorno si è accorto di essere rimasto senza le mascherine perché le fabbriche erano tutte in Cina, e che i posti in terapia intensiva e i letti negli ospedali non erano sufficienti perché in nome dell'austerity si era andati sulla sanità con la scure. Oppure ci si era affidati all'iniziativa privata, che si adegua solo alle leggi della domanda e dell'offerta.

Illuminante Noam Chomsky da una recente intervista sulla crisi COVID-19 :
“Non possiamo aspettarci che le farmaceutiche investano miliardi in un piano di prevenzione delle pandemie, semplicemente perché non rende”.
Volendo controbattere Chomsky si potrebbe obiettare che il ruolo di prevenzione in un sistema liberale basato sull'efficienza del privato spetterebbe alle assicurazioni.
Ci sono riuscite? Anzi: ci hanno mai provato?

La 'normalità' è ancora il mondo del 2008, quello dei Lehmann Brothers, e delle banche che hanno continuato a giocare coi derivati. E' il mondo dei vari Moody’s e Standard & Poors, emeriti privati, che recensiscono il debito pubblico di nazioni, influenzandone le scelte di bilancio.
Questo, non facciamo finta di niente, è il mondo che dovrebbe dare una risposta all'emergenza economica, è il mondo in cui la maggior parte dei paesi non è riuscita, o non ha voluto, dare risposte adeguate all'emergenza sanitaria. 


Non era un mondo normale 

quello che a poco a poco ci ha inculcato diffidenza, se non disprezzo, verso la 'cosa pubblica', un mondo che ha lentamente eroso concetti come 'Stato e Collettività' (chiamatelo come volete questo concetto) per consegnare all'iniziativa privata il destino e la salute dei cittadini. E' il mondo che ha confutato il riscaldamento globale, pagato scienziati per negarlo, incentivato la deforestazione.
E' il mondo che ha scatenato guerre ventennali totalmente inconcludenti (Iraq, Afghanistan, Siria, Libia) intorno al petrolio e agli oleodotti.

Non era un mondo normale quello che ha arricchito a dismisura l’1% della popolazione mondiale a discapito del restante 99% , un mondo che ha sempre favorito l'approvvigionamento energetico da fonti non rinnovabili o altamente inquinanti, con massicci aiuti di stato anche dove convenivano le energie alternative.

Non era un mondo normale quello delle tasse stratosferiche sui combustibili, che hanno reso i governi tossicodipendenti dai fossili abituandoli a introiti fiscali che arrivavano al 5% dell'intero gettito.

Non era un mondo normale quello dove i colossi del web hanno di fatto imposto monopoli, distrutto piccole e medie economie, messo in pericolo l'editoria mondiale (e quindi la libertà di stampa) azzerando mestieri, eludendo tasse e diritti d'autore.

Non era un mondo normale quello che ha ignorato i ripetuti allarmi lanciati dalla scienza su emergenza climatica e su una imminente pandemia.
A Washington, nella tipica narrazione 'binaria' presa in prestito da Hollywood, l'hanno risolta così: il COVID-19 è scappato da un laboratorio. Nella logica semplificata, quella adatta a soggetti affetti da deficit dell'attenzione, deve esserci sempre un nemico.
Rigorosamente straniero.
Oggi fronteggiano una rivolta interna.

Illuminante, per chi l'ha letto o abbia voglia di farlo, è anche il saggio di Jared DiamondArmi acciaio e malattie. Tutte le pandemie della storia umana sono state innescate dalle nostre convivenze con specie animali, selvatiche e/o addomesticate. Nel passato il morbillo, il vaiolo, la peste e gli orecchioni sono stati il prezzo pagato per la domesticazione dei bovini o per la convivenza con i ratti e le loro pulci. Oggi abbiamo AIDS, ebola, SARS, MERS, suina, aviaria… e COVID-19. Non credo ci sia bisogno di elencare le specie serbatoio.


Ma il COVID-19, come ogni crisi, è un banco di prova che porta insegnamenti.

Ci insegna che la produzione e lo stoccaggio di beni fondamentali non può dipendere dalla domanda commerciale del momento, né dalle convenienze economiche della globalizzazione.
Ci insegna che non è possibile superare crisi del genere senza un apparato statale forte, ben organizzato, assistenziale e presente sul territorio.
Ci insegna che l’eroe solitario, tanto caro a quel mito neoliberal che liberamente si ispira a Darwin (sopravvive il più adatto al cambiamento) non è in grado di sconfiggere una pandemia:
solo una società coesa può reggere l'impatto.

Ci insegna che l’unica via d’uscita da una crisi come questa sta nell'affetto, nel rispetto tra le persone, e nella solidarietà tra stato e cittadinanza. Ce lo stanno dimostrando tutte le nazioni che lentamente si stanno riprendendo grazie alla forte coesione sociale e a interventi normativi e legislativi mirati alla tutela dei cittadini.
Cito l'Art. 32 della Costituzione. In Italia si sarà anche fatto casino, ma quest'articolo non potrà mai essere eluso:
"La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti."

Un mondo da rifare.

S'è strillato sull'Europa, da abbandonare o da rifare e non senza ragioni, perché in molti, tra detrattori e stati membri, hanno dimenticato che l'Unione è stata fondata su un unico principio: la solidarietà. Ma nell'euforia del nuovo modello finanziario qualcuno si è dimenticato che solidarietà e neoliberalismo sono in perfetta antitesi. Oggi gli Stati Uniti stanno pagando a caro prezzo la mancanza di solidarietà nel sistema sociale. Stanno pagando a caro prezzo le divisioni razziali, economiche, ideologiche. Il sogno americano s'è rivelato inconsistente.

Starà a noi decidere se puntellare recenti schemi fallimentari ispirati da oltreoceano, o da est, o intraprendere strade che già conosciamo, ma che abbiamo dismesso in fretta, come l’economia Keynesiana e certi modelli socialdemocratici, abbandonati perché imbrigliavano troppo la spettacolare agilità del settore privato. Abbiamo abbandonato il sogno che quel brav'uomo di Bernie Sanders - sistematicamente affondato dai suoi - stava cercando di recuperare. Sarebbe stata una fortuna per il mondo se proprio gli Stati Uniti l'avessero ripristinato per primi.
L'eredità di quel percorso dismesso è ancora visibile: è ciò che ha reso l' Europa centrale e del nord l’unica zona dove il benessere è ancora diffuso, con paesi in cima agli standard di 'felicità interna lorda'. L'unica zona in Europa che non ha subito apocalissi sanitarie, malgrado le alte percentuali di contagi.
Ma per superare quella che si profila come una catastrofe finanziaria ci vorrebbe un punto di ri-partenza innovativo.

Un piccolo genio della lampada ce l'abbiamo. Si chiama  Green Economy.
Come ogni nuova frontiera contiene grandi opportunità di crescita, in termini di profitti e di occupazione. Non è solo un'idea 'bella e pulita': Scientific American l'ha definita: più pertinente che mai. La pandemia ha fermato molte delle nostre attività concedendo un attimo di respiro alla natura.
Chi non ne è stato felice? Perché tornare indietro?

In un momento in cui le industrie 'tradizionali' sono già al collasso è ridicolo continuare a sostenerle se perseverano su vecchi obiettivi tossici e perdenti. Situazioni come questa richiedono un cambio di paradigma, una riconversione che ci metta in armonia col pianeta e abbandoni le vecchie - e tossiche - strategie energetiche.

C'è un grosso problema:

il barile di petrolio a prezzi stracciati non è una buona notizia: rende meno competitive le rinnovabili e taglia le ali all'economia con le maggiori prospettive di crescita.
Capovolgere la situazione basata sul profitto richiede un forte intervento normativo e di investimenti da parte dei governi, richiede la forza di scommettere sulla gallina domani e non sull'uovo oggi.
Starà a noi scegliere se vogliamo un sistema che continua a percorre vecchie strade fallimentari o investire in qualcosa di nuovo e di etico, in società fatte da persone, e non da aziende, da persone che rinunciando alle libertà personali e comportandosi civilmente hanno già dimostrato di poter mettere a bada il coronavirus.

In mare esiste uno strano fenomeno chiamato il paradosso del plancton. Quando certe popolazioni di plancton rischiano di diventare infestanti entrano in gioco diversi fattori di contenimento. Tra questi fattori ci sono i virus

Cominciamo ad attrezzarci da adesso, affinché non ci sia un paradosso del 'Sapiens


Dato che non amo l'avvanvera...


Nature: l’inefficienza dell’Impero Americano  
https://www.nature.com/articles/d41586-020-01068-3
Intervista a Noam Chomsky: pandemia, società, economia.



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