martedì 7 agosto 2018

BlacKkKlansman di Spike Lee - standing ovation per i diritti umani


Sotto la pioggia battentein Piazza Grande, malgrado le previsioni, tutti attendono il film di Spike Lee, vincitore del premio della giuria a Cannes, e che uscirà nelle sale americane il 10 agosto, e a fine settembre nelle sale Italiane. Kate Gilmore alta commissaria dell'ONU per i diritti umani, prende la parola e infiamma la piazza. Qui il video del suo intervento.

"We have to stand for our rights!"
"Alla nascita siamo tutti uguali - dice Kate Gilmore - nei nostri diritti e nella nostra dignità. Ma ora più che mai dobbiamo alzarci in piedi per i nostri diritti, levare il pugno e gridare: We stand for our rights! Perché vogliamo amare, ed essere amati!"
Si alzano tutti, chiusi nelle mantelline di cellophane. Alcuni levano il pugno, altri applaudono e basta. L'emozione è spessa, da tagliare con il coltello. Se un alto commissario delle Nazioni Unite come Kate Gilmore interviene alla presentazione di un film con un discorso forte, rivoluzionario, il film che sta per essere proiettato è di grande spessore.

 BlacKkKlansman comincia come una commedia, con un footage in bianco e nero di un senatore repubblicano che illustra il 'piano giudaico' di corruzione della purezza bianco-americana a favore degli inferiori neri. Ridiamo amaro, perché ci ricorda l'accanimento ridicolo di certe frange verso Soros e le famigerate lobby ebraiche. Il finto filmato in BN è datato: 1957.

Passiamo agli anni'70, quando l'unico poliziotto nero, Ron Stallworth, viene assunto dalla polizia di Colorado Springs. Scopro su internet che è una storia vera. Ron Stallworth viene dapprima impiegato come agente 'undercover' per spiare il movimento Black Power, ma poi s'infiltra, grazie alla sua capacità di imitare slang e frasi fatte dei bianchi, nel Ku Klux Klan. Tra le frasi fatte: 'Dio benedica l'America bianca', 'sono un vero Americano' e, a un certo punto, l'attesissimo: 'America first'.

Le telefonate dal commissariato, dove Ron Stallworth parla da bianco suprematista, e dichiara di odiare a morte i neri, sono semplicemente da Oscar. Ovviamente, non può andare alle riunioni del KKK. Mandano al suo posto un altro agente, Zimmermann, un collega ebreo, al quale Ron insegnerà a parlare da suprematista. Questa parte è stata sicuramente la più grande sfida per i doppiatori italiani. Sono curioso di vedere come hanno risolto battute e frasi idiomatiche che in italiano non hanno alcun senso.

Tutto si svolge a metà tra la commedia e il thriller, in un film popolato da stereotipi dei quali spesso snobbiamo la forza e l'utilità ai nostri tempi. Il KKK si riunisce in un poligono di tiro dove il culto delle armi ed il loro uso ci ricorda l'altra tristerrima lobby che è il National Rifle Association. 

In una Hollywood che dichiara che la grandezza del 'villain', il cattivo, fa il film, Spike Lee non cede. Non cede all'esaltazione dell'antagonista nella sua grande, irrinunciabile vocazione al male. Penso che nessuno abbia mai descritto meglio i membri del KKK, almeno come li immagino io: una fauna umana che va dall' infighettato David Duke, Gran Maestro degli Incappucciati, al border-line, dall'alcolizzato all'idiota, all'efficientista nevrotico in stile Himmler. 
Essenzialmente ridicoli, imbecilli, ma mai abbastanza da cadere nella 'macchietta' che fa tanto innocuo. La loro pericolosità latente si attiva dove il film dalla commedia vira verso il thriller. 
Con un tocco che solo un grande regista può permettersi senza inciampi.

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Dalla scena in discoteca che sembra un video dei Boney-M, alla dissertazione sui film della 'Blaxploitation', fino a Henry Belafonte che interpreta un anziano testimone delle violenze del 1915 su una sedia di vimini alla 'Emmanuelle', le chicche e i cameo sono innumerevoli.
Tra abiti, colonna sonora e automobili d'epoca, BlacKkKlansman ci sembra un viaggio indietro negli anni '70.

E invece non lo è.
Questo viaggio che inizia con il video del senatore del '57 si conclude con la crudezza scioccante delle immagini di Charlottesville, lo scorso agosto, e con le dichiarazioni di Trump. Immagini che dovrebbero scuotere ogni abitante degno di vivere su questo pianeta. Basta andare su Youtube e digitare 'police brutality' o 'black lives matter'  per capire cosa sta succedendo negli USA. 
Questo salto di stile narrativo lascia più arrabbiati che 'pieni di domande'. Ma ci sta, ci sta tutto. Il film uscirà nelle sale americane due giorni prima degli incidenti di Charlottesville, dove una ragazza (bianca) Heather Heyer, di 32 anni perse la vita il 12 agosto 2017 per colpa di un suprematista bianco che lanciò la sua auto sulla folla.
A lei è dedicato il film.
Non c'è niente di così illegittimo e ingiustificabile come il movimento dei suprematisti bianchi. Vittime rabbiose, più o meno consapevoli, di ideologie assurde, antiscientifiche. Soprattutto velenose, manipolati dal 'Divide et impera'.
Mai come ora c'è stato bisogno di un film godibile, magnifico e duro, come questo di Spike Lee.
La piazza ha rinnovato l'ovazione anche al regista.


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