sabato 24 marzo 2018

povere faccine


“Dumb fucks.” That’s how Mark Zuckerberg described users of Facebook for trusting him with their personal data back in 2004. If the last week is anything to go by, he was right. (The Guardian) 

Ve lo traduco io: 'Poveri coglioni. Così Mark Zuckerberg apostrofava gli utenti di Facebook per avergli affidato i loro dati personali già nel 2004. Da quanto emerge dall’ultima settimana, aveva ragione.' Lo trovo scritto oggi su The Guardian.

 Non troppi mesi fa, a settembre 2017, Internazionale titolava: “Facebook: la merce sei tu”
Lo scandalo di facebook (se è uno scandalo il fatto che qualcuno ti offre un sacco di trappole e di giochini gratis e poi si prende qualcosina da te) ha assunto queste dimensioni perché stavolta ci sono di mezzo le più controverse elezioni del più controverso presidente degli Stati Uniti. Se l’utente finale fosse stato Zara o la Chicco non ci sarebbe stato tutto questo casino.

E di nuovo l’attenzione verte sulla privacy mentre il problema grave è un altro, è la manipolazione dell'utente, qualcosa che ha stravolto le abitudini dell’umanità, cioè... del povero coglione.
Facebook, grazie ai suoi osannati studi di grande valore sociale per l'umanità (come quelli condotti da Cambridge Analytica per intenderci) ci ha fatto scoprire i sei gradi di separazione quarant'anni dopo Milgram, e si è insinuato non come un link, ma come un filtro tra le vite delle persone. Nelle vostre vite. Non ha mai avuto nessuna intenzione di unire, ma di dividere. Tutti coloro che ci hanno lavorato su per farlo diventare il mostro che è hanno fatto un pubblico mea culpa, sputtanando le sue vere intenzioni manipolatorie.

Facebook ha scientemente distolto l’attenzione del pubblico dall’Informazione degna di questo nome per spartirsi con Google l’80% del mercato pubblicitario, con ricavi sulle inserzioni che vanno oltre l'80%. Cioè, se tu inserzionista paghi per la pubblicità un Euro, quello che la ospita riceve 20 centesimi. Nessuna agenzia pubblicitaria sul pianeta ha mai guadagnato tanto. In un attimo hanno spazzato via tutti i piccoli e medi magazine, i blog, i giornali, insieme a tutto ciò che non raggiunge il milione di click. Ma non solo, ha fatto sparire le altre comunità, come appunto i Forum, che ora languono per mancanza di utenti e di contenuti con introiti pubblicitari ridotti alla loro radice quadra. Con la cultura del gratis si uccide a poco a poco la libertà d'informazione.

L’ho sempre percepito come un buco nero, facebook, un buco nero che fagocita tutto, capace di un’attrazione tale da non far uscire più nulla. Nel buco nero un intero universo si rimpicciolisce e quotidiani come La Repubblica o La Stampa hanno la stessa statura di un Pippo Terrapiatta. E c'è pure chi la chiama democrazia. 

Per anni gli amici esperti di marketing mi hanno rivolto facce allibite, non avrebbero guardato in quel modo neanche un eschimese vegano, neanche Theresa May se gli fosse entrata dalla finestra del bagno in sottana di Swarovsky e tirabaffi. 

“Facebook è un grande strumento, devi solo usarlo” 
Un coro. Come se quel buco nero, frutto di 'studi psicometrici' e arte manipolatoria fosse stato un innocuo aggeggio costruito apposta per me, per noi, da quel compagnone di Zuckerberg che voleva solo vederci tutti contenti a salutare gli amichetti della 1a B. 
Andy Warhol e i suoi 15 minuti di celebrità per tutti ci sorridevano dal cielo.

E intanto l’editoria crollava, collassava insieme all’autorevolezza delle opinioni, della veridicità delle fonti, sommersa dagli strilli, dagli allarmi rettiliani, dalle foto dei cani, dei gatti e dei piatti nel ristorante chic, dalla cultura del gratis, dalle labbra a canotto delle selfiste, dai maschi tatuati con la barba rada, dalla forza organizzata dei troll. Sommersa dalla fuffa. 
L'editoria s'è suicidata entrando nel buco nero per ‘usarlo a suo vantaggio’.

Sull'onda di Facebook i social si sono inseriti come filtro tra noi e il mondo esterno, tutto deve passare attraverso loro. Ora la gente gira immersa in un telefonino. In viaggio nessuno guarda più niente, tutti fotografano. E postano foto. Nessuno legge più niente, tutti scorrono velocemente, ma soprattutto scrivono. Scrivono e mettono faccine. Una volta c’era il bar, o il circolo. C’erano il telefono e le email. E se uno non usava il deodorante lo sapevi da subito.

Ma lo scandalo, a quanto pare, è solo nella gestione dei nostri dati e della nostra privacy. Bello, comunque, vedere le facce di quelli che comprano i vostri dati, guardarli su Channel4 mentre offrono a un giornalista sotto copertura di mettere nel letto degli avversari politici le prostitute, di lanciare campagne a suon di trollate, insulti urlati e dossieraggio. 

Ho detto vostri dati perché in questa settimana, non solo Zuckerberg ha dimostrato di avere ragione, nell’aver considerato i suoi utenti ‘dumb fucks’ poveri coglioni, ma anche io, e tutti quelli come me che su facebook non ci sono e non ci saranno mai. Senza mai aver dato del coglione a quelli che c'erano.

https://www.theguardian.com/technology/2018/mar/24/cambridge-analytica-week-that-shattered-facebook-privacy

http://www.businessinsider.com/well-these-new-zuckerberg-ims-wont-help-facebooks-privacy-problems-2010-5



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