giovedì 24 gennaio 2013

contaminazioni divine: OTOT


otot teatro sociale como

La posta inoltrata dice che hanno prenotato anche per me
Posti 'sdraiati'. così suggerisce Yuval, premeditando l'intrigo delle immagini proiettate sul soffitto affrescato.



L'incipit è prolisso, e l'illuminazione sbagliata. La lettura di Bach è un tentativo fin troppo timido di destrutturazione. Se fosse un libro l'avrei già abbandonato. Con la musica non riesco. So che mi sta propinando qualcosa che sembra una Gioconda sepia. E dieci minuti sono già troppi anche per una Gioconda in ciano, o magenta.
Sì, mi viene in mente Photoshop. Per me la musica è soprattutto immagine. E' un linguaggio non verbale.
Per me.


Ecco, vediamo cosa succede dopo Bach.
Devo aspettarmi un novello Karlheinz Stockhausen, suppongo. O un Klaus Schulze?
Nessuno dei tre. Yval indugia, forse ancora un po' troppo, sui gong mentre l'orchestra evoca (e quindi anticipa) le fisarmoniche. Sì, le fisarmoniche. Non quelle del Tango. E' nato a Gerusalemme, Yuval, ed il saperlo nato là è esattamente il contrario di un pregiudizio.
E' un tizio semplice, lo incontriamo all'uscita e ci racconta che la faccenda gli è quasi piovuta nell'anima, ma che ha dovuto sviscerarla, ripulirla e... quelli sdraiati in terra l'avrebbero colta nella sua totalità.
"Eravate sdraiati?"
"Sì, sì!"
Si capisce che questo lo rende felice. Yuval sembra qualsiasi cosa tranne un compositore pazzo.

Con l'orchestra partono le immagini sul grande schermo, sul soffitto affrescato. Le immagini colpiscono, i testi rintuzzano.
La musica si fa sontuosa.
Oddìo... sontuosa quanto potrebbe esserlo un quadro di Gerard Richter.
Senti che dentro c'è una forma magnifica, un'anima da vertigine, ma che è stata dissimulata, buttata via, fatta a pezzi.
Perché insostenibile.
Perché effimera.
Sono fatti così gli inni all'impermanenza. Tutti.
L'universo cola e affoga a grumi sgargianti. E' come ascoltare la destrutturazione di un olio fresco di Caravaggio: prendi una spatola e cominci a tirare giù il colore.
Con metodica, autistica rabbia.
Eccolo che non è più Stockhausen, Yuval, è Ligeti. Semmai. Sì, l'autore di Lux Aeterna. La vertigine
come unica possibilità
 di interazione col divino.


Il divino non premia. possiede, stordisce.
Il divino non è il Gloria di Vivaldi.
Il Gloria di Vivaldi siamo noi.
Il divino è la vertigine.
E' insostenibile.

I filmati in bianco e nero sembrano vaghi ricordi di un sogno, interferenze naturali da un film russo degli anni 50. Ogni frammento è un archetipo da pelllicola rovinata.
L'antico.
E' tutto ancora lì, vicino, vivo come ieri.
Se la tua anima lo ricorda, è ancora vivo.
La tua ragione ha dimenticato solo una cosa:
ha dimenticato come mettere insieme i frammenti che lo spiegano.
Quello che potresti cogliere è fisico.
E basta.
Langue.
Come una nostalgia.
Il ricordo c'è ancora perchè è nel tuo stampo originale.

Il divino, quando entra, disintegra i sensi e la ragione, perchè questo fa un dio quando t'invade.
Lo fa aprendosi un varco in una piccola crepa.
Ti dice che tutto era pronto da sempre, dall'inizio dei giorni
Dice sempre così, il divino.
E' il DNA l'inconscio collettivo?

Mentre l'orchestra cede solo bagliori di forme, di colori,
solo accenni d'armonia subito schiacciati da colpi pesanti di spatola...
tu ti rendi conto che quello che stanno facendo
non si può fare con photoshop
meno che mai con garage band

E capisci perchè
Cesare
- e tanti altri come Cesare -
erano divinamente epilettici


Di Yuval ho trovato questo:
rende l'idea su di lui, ma non rende l'idea su OTOT, che è quasi puramente orchestrale anche se con ferocissime contaminazioni transglobal.




e questo:

http://www3.varesenews.it/musica/yuval-avital-dallo-sciamanesimo-a-youtube-251741.html


enjoy





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