martedì 14 luglio 2015

diario d'africa - namibia 1

foto: claudio di manao 2015
L’aria del mattino è fresca e limpida. La luce non sembra quella degli altipiani, ma quella del deserto d’inverno. Una forte dominante color miele spande al suolo, il sole scalda a poco a poco salendo nel blu senza nuvole del cielo di Windhoek. Ancora intontiti dal viaggio ci sottoponiamo a una vecchia consuetudine: la consegna dei fuoristrada


Windhoek, capitale della Namibia, è una città ordinata, che però non intriga. Forse non mi attirano più le città in genere, ma il fascino non migliora neanche guardandola dalla terrazza dell’Hilton. Siamo a millesettecento metri di quota, sul tropico del Capricorno a fine giugno, e la temperatura al calar del sole scende in caduta libera. Compriamo taniche d’acqua e accessori, organizziamo zaini, kit e bagagli, testiamo i walkie talkie. Eccoci di nuovo con le mappe aperte sul tavolo del bar, stimando tempi e distanze, a sognare con in mano una Hansa, o una Windhoek Draught.
“Ecco una terra dove le sue creature non avevano ancora conosciuto i crimini dell’uomo contro la natura…”
scriveva Mark Owens negli anni settanta su ‘The Cry of Kalahari’

kalahari, intu africa game reserve, foto: claudio di manao
Gli orici sono il simbolo di questo immenso paese grande come Francia e Germania insieme ma abitato da poco più di due milioni di individui. In Namibia incontri più orici che esseri umani. Senza parlare delle gazzelle, che non si contano. Ci avviciniamo alla riserva, in pieno Kalahari. In alcune riserve puoi circolare solo con i ranger, e non ci dispiace lasciarci condurre. 
Le guide nei parchi e nelle riserve sono spesso zoologi, professionisti che dedicano la loro vita all'osservazione degli animali selvatici. Conoscono le loro abitudini, sanno dove trovarli, cosa raccontare su di loro. 



E' notte e al lodge hanno acceso un fuoco per noi. A mille metri di quota la temperatura notturna è rigida. Lo Scorpione e la Croce del Sud, due costellazioni che non vedi alle nostre latitudini, nel cielo australe splendono magnifiche, gigantesche.  Due grossi orici si avvicinano alla pozza del lodge timidi e solenni.


Se guardi l'Africa australe su Google Earth ti accorgi che il Kalahari è un'area rossiccia di lunghi filamenti quasi pettinati. Qui le dune millenarie scorrono rosse da nord ovest a sud est secondo l'umore dei venti. E' il territorio del popolo San, i boscimani, o bushmen, gli antichi abitanti di quest'area, tra le meno accomodanti del pianeta, per l'uomo.

2015 claudio di manao

Il deserto del Namib, invece, quello che si stende lungo tutta la costa del paese, al sud è dune barcane e dune a stella. Altissime. Sussuvlei vista dall'altro è una lingua sottile, una precaria intrusione, una specie di sonda insinuata nel cuore di un deserto di grandi dune; qua e là laghi fossili, saline, chiazze bianche, acacie e cespugli ai piedi di montagne di sabbia incombenti.

Chi pensa che il deserto sia monotono non è mai stato nel deserto per più di due ore, oppure l'ha visto con il cuore spento. E' un mare che cambia ogni ora, ogni chilometro. Un mare aspro, avaro di vita, abitato da rare creature caparbie, straordinarie. Un mare psichedelico, un mare ai confini di Orione.


Inizia così un viaggio di 3600 kilometri dei quali meno di un terzo percorsi su strade asfaltate, attraverso Kalahari, Namib, Damaraland, Skeleton Coast, Etosha Pan...



- prima parte

testi e immagini di claudio di manao
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